Gabriele Santucci è il manager cinquantenne di una multinazionale di base a Roubaix: un impero eretto sul commercio dei letali rivestimenti in fibra d'amianto. Per un quarto di secolo Gabriele si è destreggiato tra allarmi scientifici incalzanti, indennizzi per zittire le famiglie delle vittime, acrobazie finanziarie per salvaguardare i profitti aziendali, soffocando in un lavoro, in una famiglia e in un Paese che detestava.
C'era qualcosa che si frapponeva tra la sua estrema sensibilità e la consapevolezza delle proprie azioni; tra l'orrore per la vita scelta, e l'inspiegabile decisione di non tornare più in Italia, abbandonata dopo l'università. Finché, a seguito di un umiliante cedimento privato e di una breccia apertasi nel muro di omertà che aveva protetto i suoi traffici, Gabriele decide di scappare e tornare in Italia.
Il viaggio lo condurrà alla ragione della sua fuga giovanile e all'origine del suo fraintendimento esistenziale che lui, alzando un velo impenetrabile, aveva rimosso. A distanza di anni dovrà fare i conti con la violenza liberatoria della verità. Più che un viaggio in una geografia riscoperta, sarà il precipitare nei sentimenti di quell'esperienza disorientante che è il passaggio dal liceo al futuro, e in un passato, la fine degli anni Settanta in cui ci si poteva illudere di vincere tutto per amore, anche le distanze di classe e umanità.
Ad accompagnarlo in un tempo che non aveva esaurito i suoi segreti incendiari, due amici di allora, increduli nel ritrovarsi a tu per tu con il mistero della loro giovinezza e sorpresi di dover affrontare di nuovo, senza più compromessi, le proprie, maschili illusioni di corpi e di amori.
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